Con il terzo episodio OnWine fa tappa in Maremma, dove possiamo ammirare il cielo stellato più incontaminato del continente europeo.
La Maremma è infatti un territorio in buona parte ancora selvaggio, dove l’uomo non ha costruito e dove la natura regna ancora sovrana.
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Ospite questa volta è stato Luca Pollini, Direttore del Consorzio Tutela Vini Maremma Toscana, che ci ha raccontato come questa terra – tra mare e collina – sia vocata a quei vitigni autoctoni che la rendono un unicum rispetto alle altre zone della Toscana, dove il Sangiovese domina su tutti. Qui invece ciliegiolo e vermentino “sentono il mare” e danno il meglio di sé.
Il Ciliegiolo della Maremma
Il Ciliegiolo è un vitigno antico, la cui presenza in Toscana è documentata fin dal XVIII secolo. Inizialmente utilizzato principalmente in blend con altri vitigni, per molto tempo è rimasto in ombra, oscurato da varietà più famose come il Sangiovese. Tuttavia, le sue radici nella tradizione viticola toscana sono profonde, e la Maremma si è rivelata essere il terroir ideale per la sua piena espressione. Negli ultimi decenni, abbiamo assistito a una rinascita del Ciliegiolo. Produttori locali, riconoscendo il potenziale unico di questo vitigno, hanno iniziato a dedicargli maggiori attenzioni, producendo vini monovarietali che ne esaltano le caratteristiche distintive. Il Ciliegiolo della Maremma è ora apprezzato per la sua identità chiara, che riflette sia la tradizione sia l’innovazione della regione.
Vinificazione e Profilo Aromatico
Nella vinificazione, il Ciliegiolo rivela tutta la sua eleganza e complessità. I metodi di vinificazione variano, con alcuni produttori che preferiscono tecniche tradizionali, mentre altri sperimentano con approcci moderni. Il vino che ne risulta ha tipicamente un colore rosso rubino, non troppo carico, e un profilo aromatico che evoca la ciliegia, da cui il nome. A questi si aggiungono note di frutti di bosco, spezie e, a volte, sentori floreali. Al palato, il Ciliegiolo è caratterizzato da una buona acidità e tannini morbidi, rendendolo un vino piacevolmente bevibile e versatile.
Cinghiale in umido con olive nere
La ricetta da abbinare a un calice di ciliegiolo
Ingredienti:
1 kg di carne di cinghiale, tagliata a pezzi
200 g di olive nere, snocciolate
2 cipolle medie, tritate finemente
2 carote, tagliate a rondelle
2 gambi di sedano, tritati
3 spicchi d’aglio, tritati
500 ml di vino rosso (in questo caso un ciliegiolo della Maremma)
400 g di pomodori pelati in scatola, tritati
1 rametto di rosmarino
2 foglie di alloro
Olio extravergine d’oliva
Sale e pepe nero macinato fresco
Farina, per infarinare la carne
Preparazione:
Almeno 12 ore prima della cottura, mettete i pezzi di cinghiale in una ciotola con il vino rosso, un cipolla tritata, un gambo di sedano, una carota, l’aglio, il rosmarino e l’alloro. Coprite e lasciate marinare in frigorifero. Rimuovete la carne dalla marinata e asciugatela con della carta da cucina. Filtrate la marinata e tenetela da parte.
Infarinate leggermente i pezzi di cinghiale. In una grande casseruola, scaldare l’olio d’oliva e rosolare la carne su tutti i lati fino a che non diventa dorata. Rimuovete la carne e mettetela da parte. Nella stessa casseruola, aggiungete un po’ più d’olio e soffriggete la cipolla rimanente, il sedano e le carote fino a quando non diventano morbidi.
Rimettete la carne nella casseruola con le verdure. Aggiungete i pomodori pelati e la marinata filtrata. Portate a ebollizione, riducete il fuoco e lasciate cuocere a fuoco lento per circa 2-3 ore, fino a quando la carne diventa tenera. Circa 30 minuti prima di terminare la cottura, aggiungete le olive nere alla casseruola. Assaggiate e aggiustate di sale e pepe secondo il gusto.
Il cinghiale in umido va servito caldo, accompagnato da un contorno di polenta o patate al forno.
Una principiante e un sommelier navigato raccontano il vino dal punto di vista dell’appassionato. Che differenza c’è tra un barolo e un pinot noir? Perché alcuni vini profumano di frutta esotica e altri di fiori e, soprattutto, come si fa a riconoscerli? Ma davvero sul pesce ci va il bianco e solo il bianco? Esistono sapori che non si possono abbinare al vino? Daria e Tommaso accompagnano gli ascoltatori lungo un percorso che ha un solo obiettivo dichiarato: far fare un figurone, ma soprattutto dare le dritte giuste per scegliere il vino come farebbe un esperto. Finalmente un podcast sul vino che puoi servire a tavola!
Benvenut* al finale di stagione. Questa volta ci siamo chiesti: ma vigna vecchia farà buon vino? e quanto vecchia può essere una vigna veramente vecchia?
Per l’ottavo e ultimo episodio di OnWine Daria e Tommaso parlano di anche di tannino, ci portano in Umbria a Montefalco e consigliano un vino a Ozzy Osbourne!
Special guest: Giampaolo Tabarrini, presidente del Consorzio di Tutela Vini Montefalco; Mike e Nico, gli host di Podcast, droga e rock’n roll
Per seguire OnWine e scoprire le ricette della puntata: www.onwinepodcast.it
La nostra playlist per la tue cena fighissima: https://open.spotify.com/playlist/5YpjlY5l38qJPbA1vmXs8L
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Spaghetti alla colatura di alici di Cetara
La ricetta di Marco Cappelli
Marco Cappelli è l’host di Storia d’Italia, il podcast che ripercorre la lunga e complessa storia italiana, da Costantino fino ai nostri giorni, e anche in questa occasione ha rispettato pienamente il tuo topic: infatti ha proposto a Tommaso una ricetta con un ingrediente che affonda le sue radici nella storia romana.
Il Garum, una salsa di pesce fermentata, che era un condimento essenziale nella cucina dell’antica Roma, ampiamente utilizzato per arricchire il sapore dei piatti. Creato dalla fermentazione di interiora di pesce, sale e talvolta erbe, il Garum era noto per il suo forte aroma e sapore salato e umami. Era considerato un prodotto di lusso, prodotto in varie qualità e utilizzato in tutto l’Impero Romano. La sua popolarità testimonia l’importanza dei sapori intensi e sofisticati nella gastronomia romana. Oggi, prodotti come la colatura di alici di Cetara ne rappresentano un diretto discendente, mantenendo viva questa antica tradizione culinaria.
Ingredienti:
400 g di spaghetti
Colatura di alici di Cetara secondo il gusto
2 spicchi d’aglio
Olio extravergine d’oliva
Peperoncino rosso (facoltativo)
Prezzemolo tritato fresco
Sale
Preparazione:
Portate a ebollizione una pentola d’acqua salata. Cuocete gli spaghetti al dente, seguendo le istruzioni sulla confezione. Mentre la pasta cuoce, in una padella grande, scaldate un filo d’olio extravergine d’oliva. Aggiungete gli spicchi d’aglio sbucciati e, se vi piace, un pezzetto di peperoncino. Fate soffriggere a fuoco basso per qualche minuto, fino a quando l’aglio non diventa dorato. Rimuovete l’aglio (e il peperoncino, se usato) dalla padella. Togliete la padella dal fuoco e aggiungete la colatura di alici. Mescolate bene per amalgamare gli ingredienti. Scolate gli spaghetti al dente, conservando un po’ d’acqua di cottura. Trasferite gli spaghetti nella padella con il condimento.
Accendete il fuoco a medio-basso e saltate la pasta per qualche minuto, aggiungendo un po’ d’acqua di cottura per mantecare, fino a quando non è ben condita e la salsa si è leggermente addensata. Servite immediatamente.
Per questo piatto, per il quale non era semplice fare una proposta, Tommaso ha scelto un abbinamento anche territoriale: un Costa d’Amalfi DOC!
Conclusione
Questo episodio di OnWine ci ha condotto in un viaggio indimenticabile tra i sapori e le tradizioni di una terra ricca e affascinante. Ogni sorso di vino e ogni boccone di cibo ci raccontano la storia di questa regione incredibile, dove la passione per il vino e la cucina e l’amore per la natura si fondono in un’esperienza sensoriale unica.
foto in evidenza Dimit®i