Il primo episodio di OnWine ci porta a scoprire i vini d’Irpinia, un territorio davvero eccezionale, che sta vivendo un grande rilancio, grazie a tre vitigni davvero impareggiabili.
La nostra ospite è Teresa Bruno, presidentessa del Consorzio tutela dei Vini d’Irpinia, uno dei più importanti consorzi italiani che quest’anno festeggia tre compleanni importanti: i vent’anni della denominazione DOCG per il Greco di Tufo e il Fiano di Avellino, e ben trent’anni per la DOCG Taurasi!
Irpinia del vino
L’Irpinia, una regione nel cuore della Campania, in Italia, è un terroir di eccezionale interesse enologico, famoso soprattutto per i suoi vini rossi e bianchi di carattere. Questa zona, caratterizzata da un paesaggio collinare e montuoso, beneficia di un clima unico che gioca un ruolo fondamentale nella viticoltura.
Il clima dell’Irpinia è tipicamente continentale, con inverni freddi e estati calde ma non eccessive, grazie anche all’altitudine e alla vicinanza dei monti. Queste condizioni climatiche sono ideali per la lenta maturazione delle uve, permettendo loro di sviluppare una gamma completa di aromi e sapori. Le differenze di temperatura tra giorno e notte, soprattutto in periodo di maturazione, contribuiscono a preservare l’acidità delle uve, elemento chiave per la freschezza e la longevità dei vini.
Il suolo dell’Irpinia è variegato, con una predominanza di calcare e argilla, che conferisce ai vini una marcata mineralità e struttura. Questa composizione del suolo, insieme all’altitudine e al microclima specifico di ogni singola zona, contribuisce a creare vini con un carattere distintivo e una forte identità territoriale.
I vini d’Irpinia
Tra i vini d’Irpinia più famosi ci sono il Taurasi, un rosso robusto e longevo prodotto principalmente dal vitigno Aglianico, e il Greco di Tufo e Fiano di Avellino, due bianchi aromatici e strutturati. Questi vini, con le loro peculiarità uniche, sono espressioni eccellenti del terroir dell’Irpinia, rappresentando la sintesi perfetta tra il territorio, il clima e la tradizione enologica della regione.
Ziti alla genovese
La ricetta da abbinare al Greco di Tufo
La genovese è una delle regine della cucina tradizionale partenopea e, nemmeno a dirlo, se la chiedete a Genova sperate di trovare un napoletano, altrimenti nessuno saprà di cosa state parlando.
La sua origine si perde nel tempo, tanto che perfino sul nome ci sono molte interpretazioni, e non tutte riguardano la città ligure: per esempio qualcuno ne attribuisce la prima ricetta a un monzù (così si chiamavano i cuochi alla corte dei Re di Napoli) di Ginevra (Geneve).
Si tratta una tipica ricetta “della domenica”, perché ha tempi di preparazione talmente lunghi che sarebbe impensabile farla in un giorno lavorativo.
La carne della versione tradizionale è quella di manzo, ma ormai esistono versioni creative che prevedono maiale, polpo, tonno, cinghiale o anatra e talvolta perfino i finocchi al posto delle cipolle.
I pezzi di carne canonici sono: lacerto (girello), colardella e gamboncello (spalla).

Per 4 persone ci vogliono:
1 Kg di carne
2 Kg di cipolle ramate
Qualche carota
1 gambo di sedano
olio EVO
1 spicchio di aglio
1 bicchiere di vino (quello con cui accompagnerete il piatto, per noi un Greco di Tufo DOCG)
Il lavoro più faticoso è, ovviamente, la preparazione delle cipolle: vanno pulite e affettate. Lo stesso va fatto con le carote. Poi in una pentola con fondo spesso mettere l’olio, la carota, l’aglio, il sedano e la carne a rosolare. Poi si aggiunge il vino e si lascia sfumare. Quindi si aggiungono le cipolle, si abbassa la fiamma e si lascia cuocere per ore (almeno tre in tutto), finché le cipolle non sono diventate una crema.
Questa la ricetta di una delle salse più amate di Napoli, che va servita insieme ai pezzi di carne e abbondante parmigiano, preferibilmente con gli ziti spezzati cotti al dente.
Se avete ascoltato l’episodio, sapete che Tommaso ha consigliato un Greco di Tufo DOCG un «bianco travestito da rosso» che spicca nella triade magica dei vini d’Irpinia
Capuliato:
La ricetta di Marcello Forcina
Marcello Forcina è l’host di “Se volevi cambiarmi il carattere nascevo Word”, un podcast surreale e molto divertente e, in effetti, anche la sua ricetta non poteva che essere sui generis.
Il capuliato è un pesto di pomodori secchi tipico della Sicilia.
Ecco la ricetta che Marcello ci ha proposto:
1 barattolino di capuliato.
1 salsiccia al coriandolo
1 broccolo romanesco
olio EVO
1 spicchio di aglio
spaghettoni secondo i gusti
Rosolare in padella con l’olio EVO lo spicchio d’aglio e la salsiccia sbriciolata e il broccolo già sbollentato. Quando ormai è tutto pronto, spegnere la firma e aggiungere il capuliato a crudo. Amalgamare gli spaghettoni e servire.
Il consiglio di Tommaso è di abbinare un Collio Bianco DOC, un blend di ribolla e friulano, cui partecipano altri vitigni a bacca bianca per non più del 15%.
Se hai apprezzato questo episodio dedicato ai vini d’Irpinia speriamo che non perderai i prossimi.